LA CORTE DI APPELLO 
 
    Nel Procedimento per M.A.E. n. 32/09  nei  confronti  di  G.V.F.,
sentite le parti, all'odierna udienza del 20 novembre 2009, all'esito
della camera di consiglio,  ha  pronunciato,  e  pubblicato  mediante
lettura in udienza, la seguente ordinanza. 
    Visto il M.A.E. emesso dalla Pretura di  Pitesti  (Romania),  nei
confronti di G.V.F., nato a P. (Romania) a  seguito  della  pronuncia
nei confronti del medesimo di sentenza penale di condanna in data  27
aprile 2005,  confermata  in  appello  dal  Tribunale  di  Arges  con
sentenza in data 13 ottobre 2005, perche' riconosciuto colpevole  del
reato di furto commesso in concorso con altri in danno di B.I.L. alla
pena di anni tre mesi sei di reclusione; 
    Rilevato che la consegna del G. e' consentita sul piano  formale,
essendo stata allegata  copia  della  sentenza  di  condanna  a  pena
detentiva che ha dato luogo alla richiesta stessa (art. 6,  comma  3,
legge n. 50/2005), e che il reato ascritto al G. rientra  fra  quelli
per i quali e' prevista dall'art.  8  la  consegna  obbligatoria,  ai
sensi della lettera t) dell'art. 8, legge n. 69/2005; 
    Rilevato che  il  G.  non  ha  acconsentito  alla  consegna,  con
dichiarazione  resa  in   data   30   ottobre   2009   in   sede   di
identificazione, ed ha chiesto,  in  quanto  residente  da  tempo  in
Italia unitamente alla famiglia ed ai figli che studiano  in  Italia,
di espiare la pena in Italia, insistendo  in  tali  richieste,  anche
nelle successive memorie presentate per il tramite del difensore,  ed
invocando i diritti di tutela del lavoro e  della  famiglia,  nonche'
della salute in ragione di patologie da cui e' affetto; 
    Rilevato che la legge n. 69/2005 prevedendo, per il cittadino non
italiano  residente  in  Italia,  all'art.   19,   lettera   c),   la
possibilita' di espiazione della pena in Italia,  con  rifiuto  della
consegna allo Stato estero richiedente, nel solo caso di condanna non
ancora pronunciata e di M.A.E. c.d. «processuale», emesso  cioe'  per
l'applicazione di misura cautelare in corso  di  procedimento  ed  in
attesa di decisione, e non invece anche per i casi di  M.A.E.  emessi
per  esecuzione  di  pena  gia'  comminata,  a  seguito  di  condanna
definitiva intervenuta, non consente  allo  stato  di  accogliere  la
richiesta formulata dal G.; 
    Rilevato che pero' il trattamento differente fissato dalla  legge
n. 69/2005 per i MAE  su  condanne  gia'  pronunciate  e  quelli  per
decisioni ancora da  pronunciare  appare  a  questa  Corte  d'appello
ingiustificato, sia alla luce del disposto della Decisione Quadro sul
Mandato di Arresto Europeo, n. 2002/584/GAI,  e  sia  alla  luce  dei
principi generali dell'ordinamento  italiano  e  comunitario,  ed  in
particolare del principio di eguaglianza,  nonche'  dei  principi  di
liberta'  di   circolazione   e   di   stabilimento   dei   cittadini
intracomunitari all'interno della comunita' medesima, di  rispetto  e
tutela dell'unita' della famiglia e di rispetto e tutela dei  diritti
dei bambini a mantenere rapporti stabili con entrambi i genitori  (se
non vi ostino esigenze concrete diverse per la  tutela  degli  stessi
bambini), per le ragioni che seguono; 
    Rilevato,  sul  piano  dei  rapporti  tra  Decisione  Quadro  del
Consiglio d'Europa e  legge  italiana  attuativa,  che  la  Decisione
Quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 del  Consiglio  dell'Unione
europea, all'art. 4, stabilisce che: 
        «l'Autorita' giudiziaria dell'esecuzione  puo'  rifiutare  di
eseguire il mandato di arresto europeo ...6) se il mandato  d'arresto
europeo e' stato rilasciato ai fini dell'esecuzione di una pena o  di
una misura di sicurezza privative della liberta', qualora la  persona
ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o
vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena
o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno»; 
    Rilevato che la  Decisione  Quadro  e',  in  generale,  strumento
giuridico vincolante per i legislatori nazionali degli Stati aderenti
all'Unione, i quali sono tenuti, nella specie a  norma  dell'art.  34
della Decisione in  esame,  ad  adottare  le  misure  necessarie  per
conformarsi alle disposizioni della decisione quadro; 
    Rilevato che la previsione, nella Decisione Quadro,  del  rifiuto
di consegna, in ragione dell'esecuzione nello  Stato  di  dimora  del
consegnando, cosi' come formulata appare disposizione non  vincolante
per gli  Stati  membri,  essendo  rimessa  alla  discrezionalita'  di
ciascun  legislatore  nazionale   la   scelta   se   prevedere   tale
possibilita' (a condizione dell'esecuzione nello Stato della  pena  o
misura adottata da altro Stato) ovvero  se  escluderla  del  tutto  e
fissare  il  principio  della  consegna  in  presenza   delle   altre
condizioni previste; 
    Rilevato che pero', nel caso in cui lo Stato decida  di  recepire
il principio di rifiuto della consegna per esecuzione  della  pena  o
misura di sicurezza  nel  proprio  territorio  ed  alla  stregua  del
proprio ordinamento, deve attuare tale recepimento con riferimento ad
ogni caso previsto dalla stessa Decisione Quadro, e senza  disparita'
di  trattamento,  ingiustificato   alla   luce   del   principio   di
eguaglianza, nonche' senza  ledere  gli  altri  diritti  fondamentali
dell'individuo, tutelati a livello comunitario e nazionale; 
    Rilevato che la legge italiana n. 69/2005, all'art.  19,  lettera
c), nel recepire il principio fissato dall'art. 4 2002/584/GAI del 13
giugno 2002 del Consiglio dell'Unione europea, innanzi richiamato, ha
previsto la possibilita' del rifiuto di consegna per esecuzione della
pena o misura di sicurezza nello Stato italiano se il consegnando  e'
quivi residente, statuendo che: 
        «l'esecuzione del MAE  da  parte  dell'autorita'  giudiziaria
italiana, nei casi  sotto  elencati,  e'  subordinata  alle  seguenti
condizioni: ...c) se la persona oggetto del MAE ai fini di  un'azione
penale e' cittadino o residente dello Stato italiano, la consegna  e'
subordinata  alla  condizione  che  la  persona,  dopo  essere  stata
ascoltata,  sia  rinviata  nello  Stato  membro  di  esecuzione   per
scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative  della  liberta'
personale eventualmente pronunciate nei suoi  confronti  nello  Stato
membro di emissione»; 
    Rilevato che la suddetta norma ha accolto  solo  parzialmente  il
disposto dell'art. 4 cit., limitando la possibilita' di  condizionare
la consegna, alla espiazione della pena o della misura di  sicurezza.
nello Stato italiano per la persona residente nello  Stato,  ai  soli
casi  di  c.d.  M.A.E.  processuali,  e  cioe'  emessi  in  corso  di
procedimento ed ai fini dello stesso, e dunque per pene o  misure  di
sicurezza ancora da infliggere ed in attesa  della  loro  (eventuale)
comminatoria; ed escludendo da tale possibilita' i  casi  di  pene  o
misure di sicurezza gia' inflitte e definitive,  e  quindi  i  M.A.E.
emessi per l'esecuzione pena; 
    Rilevato che la disposizione dell'art. 19, lettera c), attua  una
irragionevole disparita' di trattamento,  che  appare  ingiustificata
per i seguenti motivi. 
    1) nella Decisione Quadro non si  opera  alcuna  distinzione  tra
pene ancora da comminare e pene da eseguire, ai fini della scelta tra
rifiuto della  consegna  per  esecuzione  nello  Stato  di  dimora  e
consegna obbligatoria; 
    2) il riconoscimento della possibilita' di esecuzione della  pena
nello Stato di dimora (espressione usata dalla norma  comunitaria  ed
ancor piu' lata del concetto di «residenza»  cui  fa  riferimento  la
norma di legge italiana impugnata)  dell'individuo  e'  funzionale  e
corrispondente ai principi generali in materia di diritti e  liberta'
fondamentali  dell'individuo,  che   sono   parte   della   normativa
fondamentale europea, in quanto: 
        il principio di eguaglianza di  trattamento  giuridico  degli
individui, sancito anche dall'art. 3 della Costituzione italiana,  e'
previsto sia dall'art.  20  della  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo, e sia dall'art. 20 della Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea, approvata a Nizza il 7 dicembre 2000, e recepita
nel Trattato fondamentale dell'Unione con il Trattato di Lisbona  del
13 dicembre 2007, come risulta dall'art. 6 del Trattato fondamentale,
nella versione consolidata pubblicata in  G.U.C.E.  C  115/19  del  9
maggio 2008; 
        gli altri diritti fondamentali, di  cui  la  disposizione  di
legge italiana appare integrare una violazione, e che si indicano nel
testo  che  segue,  sono  anch'essi  parte  integrante  delle   norme
fondamentali dell'Unione europea, e come  tali  vincolanti  non  solo
nella normativa nazionale autonoma ma anche nella normativa nazionale
attuativa delle fonti comunitarie; 
        l'art.  6  del  Trattato  fondamentale   dell'Unione,   nella
versione consolidata  (in  G.U.C.E.  C  115/19  del  9  maggio  2008)
statuisce, fra l'altro: «l'Unione riconosce i diritti, le liberta'  e
i principi sanciti nella Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione
europea del 7 dicembre 2000, adottata a  Strasburgo  il  12  dicembre
2007, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati» (punto 1, prima
parte);  «l'Unione  aderisce  alla   Convenzione   europea   per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali»
(punto 2);  «i  diritti  fondamentali,  garantiti  dalla  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto  principi
generali» (punto 3); 
    3) tra i diritti fondamentali recepiti e  tutelati  nel  Trattato
europeo e, per il richiamo da esso effettuato nell'art. 6 cit., anche
nella  «tradizione  costituzionale   nazionale»,   e   dunque   nella
Costituzione italiana, appaiono significativi e  vincolanti  ai  fini
del riconoscimento indifferenziato del diritto  di  espiare  la  pena
nello Stato di dimora, come indicato dalla Decisione quadro: 
        a) il diritto di liberta' di stabilimento nell'Unione  per  i
cittadini, previsto e regolato: 
          dagli articoli 49 ss. del Trattato  U.E.,  che  consente  a
ciascun cittadino comunitario  di  stabilire  il  proprio  centro  di
interessi  lavorativi  (per   attivita'   industriali,   commerciali,
artigianali o professionali: art. 57 del Trattato) in qualunque Stato
dell'Unione, con divieto espresso per gli Stati membri  di  frapporre
ostacoli o restrizioni  a  tale  diritto  (salvo  ragioni  di  ordine
pubblico, sicurezza pubblica o sanita'  pubblica,  che  concernono  i
cittadini stranieri, ex art. 52 Trattato U.E.,  e  che  non  appaiono
pertinenti nel caso in esame), 
          dall'art. 15, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, per il quale «ogni cittadino
dell'Unione ha la liberta' di cercare  un  lavoro,  di  lavorare,  di
stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro»; 
          dall'art.  16  Cost.  it.,  che  tutela   il   diritto   di
circolazione e soggiorno; 
        b) il diritto di costituirsi una famiglia e di stabilirsi con
essa  in  qualunque  Stato  dell'unione,  con   l'obbligo   per   gli
ordinamenti nazionali di tutela della  famiglia  medesima,  previsto,
oltreche' dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo: 
          dagli articoli 7 e 9 della Carta fondamentale dei diritti e
delle liberta' fondamentali di Nizza. 
          dagli articoli 29-31 della Costituzione italiana; 
        c) il diritto del bambino a mantenere rapporti affettivi  con
entrambi i genitori, previsto e tutelato  dall'art.  24  della  Carta
fondamentale dei diritti e delle liberta' fondamentali di Nizza,  per
il quale  «ogni  bambino  ha  diritto  di  intrattenere  regolarmente
relazioni personali e contatti diretti  con  i  due  genitori,  salvo
qualora cio' sia contrario al suo interesse»; 
    Ritenuto che ove il cittadino comunitario fosse  allontanato  dal
luogo ove ha stabilito il proprio centro  di  vita  e  di  interessi,
lavorativi e familiari, per l'esecuzione di una  pena  o  misura  che
potrebbero essere eseguite (per evitarne lo  sradicamento  e  secondo
l'indicazione della Decisione Quadro), in quel luogo e Stato  ove  ha
eletto la propria residenza o  anche  la  dimora  temporanea,  appare
sussistente  una  lesione  dei  menzionati  diritti  di  liberta'  di
stabilimento  lavorativo  e  familiare,   di   rispetto   dell'unita'
familiare e di salvaguardia dei rapporti tra genitore e figli; 
    Rilevato che la differenza di disciplina tra  i  casi  di  M.A.E.
«processuali» e M.A.E. «esecutivi» appare  violare  il  principio  di
eguaglianza del trattamento giuridico dell'individuo  non  cittadino,
sancito dall'art. 20 della Carta fondamentale  dei  diritti  e  delle
liberta' fondamentali di Nizza,  gia'  citata,  nonche'  dall'art.  3
della Costituzione italiana; 
    Rilevato che nella specie il  G.  e'  regolarmente  residente  in
Italia, con registrazione all'anagrafe del comune di B.,  da  quattro
anni, ed i figli frequentano la scuola elementare italiana,  per  cui
la sua condizione rientra fra quelle  per  le  quali  l'art  4  della
Decisione Quadro prevede la facolta' di espiare la pena nel luogo  di
dimora o residenza; 
    Rilevato  che  la  prospettata  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 19, lettera c)  della  legge  italiana  n.  69/2005  appare
rilevante nel presente giudizio e decisiva ai fini della decisione da
adottare sulla richiesta di consegna avanzata dall'Autorita' romena; 
    Ritenuto che la questione, alla luce dei principi menzionati  non
appare manifestamente infondata, ed e' stata sollevata altresi' dalla
Corte di cassazione, sia pure con riferimento all'art. 18 della legge
n. 69/2005, con le ordinanze pronunciate in data 15 luglio  2009,  n.
33511, (depositata il 27 agosto 2009), e in data l ° settembre  2009,
n. 34213 (depositata il 4 settembre 2009); 
    Ritenuto  di  dover  pertanto  rimettere  gli  atti  alla   Corte
costituzionale, sospendendo ai  sensi  dell'art.  23  secondo  comma,
della legge 11 marzo 1953 n.  87,  il  presente  giudizio  sino  alla
decisione della stessa Corte, affinche'  voglia,  ove  ne  ravvisi  i
presupposti,  dichiarare  la  illegittimita'   costituzionale   della
disposizione contenuta nella lettera c) dell'art. 19 della  legge  22
aprile 2005 n. 69 nella parte in cui, stabilendo che «se  la  persona
oggetto del MAE ai fini di un'azione penale e' cittadino o  residente
dello Stato italiano, la consegna e' subordinata alla condizione  che
la persona, dopo essere stata ascoltata,  sia  rinviata  nello  Stato
membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura  di  sicurezza
privative della liberta' personale eventualmente pronunciate nei suoi
confronti nello Stato membro di emissione», esclude che  la  medesima
facolta' di chiedere l'espiazione della pena nello Stato italiano  di
residenza  sia  riconosciuta  anche  al  cittadino  comunitario   non
italiano che abbia gia' riportato una condanna penale per la quale e'
stata richiesta la consegna con  M.A.E.  dall'Autorita'  dello  Stato
estero che ha pronunciato la condanna.;